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Confisca di beni per 150 milioni di euro a imprenditore “colluso” al sodalizio mafioso

Il Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della locale Procura della Repubblica – DDA, ha emesso un decreto di confisca del patrimonio di L. C., cl. ‘66, noto imprenditore operante nel settore della grande distribuzione alimentare, per un valore complessivo di circa 150 milioni di euro, eseguito, con l’operazione ”Schiticchio”, dai finanzieri del Comando Provinciale di Palermo. L’ala protettiva di Cosa Nostra: per scoraggiare la concorrenza anche con atti di danneggiamento; acquisire imprese concorrenti; risolvere le problematiche insorte nella gestione delle sue imprese, comprese quelle relative ai rapporti di lavoro con i dipendenti; dirimere controversie con i propri soci, ottenendo in loro pregiudizio la possibilità di rilevare l’impresa contesa e beneficiando di una dilazione dei pagamenti; evitare il pagamento del pizzo e, grazie alla mediazione della locale famiglia mafiosa, contrattare la “messa a posto” con altre articolazioni del sodalizio mafioso

Il Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della locale Procura della Repubblica – DDA, ha emesso un decreto di confisca del patrimonio di LUCCHESE Carmelo, cl. ‘66, noto imprenditore operante nel settore della grande distribuzione alimentare, per un valore complessivo di circa 150 milioni di euro, eseguito, con l’operazione ”Schiticchio”, dai finanzieri del Comando Provinciale di Palermo.

I BENI SEQUESTRATI

Oggetto della confisca di primo grado sono, tra le altre cose, le quote societarie e il compendio aziendale della GAMAC GROUP srl, che all’epoca del sequestro (eseguito dalle Fiamme Gialle nel febbraio 2021) gestiva 13 supermercati tra Palermo e provincia (Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese). Gli esercizi commerciali sono stati nel frattempo ceduti a terzi dall’amministratore giudiziario nell’ambito delle linee guida approvate dal Tribunale e pertanto oggetto della confisca è il ricavato della vendita.

LE INDAGINI

Sulla base degli accertamenti svolti dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria – G.I.C.O. di Palermo, l’Autorità giudicante – valorizzando l’analisi e il riscontro di puntuali dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia, nonché la rilettura orientata in chiave economico – finanziaria degli esiti di diversi procedimenti penali, ha ritenuto che l’imprenditore, seppure non organicamente inserito nell’organizzazione criminale, sia da ritenersi “colluso” al sodalizio mafioso, posto che il medesimo ha operato almeno dal 2004 sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra, in particolare la famiglia di Bagheria, traendone vantaggio per:

–              scoraggiare la concorrenza anche con atti di danneggiamento;

–              acquisire imprese concorrenti;

–              risolvere le problematiche insorte nella gestione delle sue imprese, comprese quelle relative ai rapporti di lavoro con i dipendenti;

–              dirimere controversie con i propri soci, ottenendo in loro pregiudizio la possibilità di rilevare l’impresa contesa e beneficiando di una dilazione dei pagamenti;

–              evitare il pagamento del pizzo nella zona di Bagheria e, grazie alla mediazione della locale famiglia mafiosa, contrattare la “messa a posto” con altre articolazioni palermitane del sodalizio mafioso.

In coincidenza temporale con i più significativi interventi di Cosa Nostra in proprio favore, l’imprenditore ha registrato una crescita esponenziale del fatturato dell’azienda, trasformata da piccola impresa familiare in un impero economico, arrivando a fatturare oltre 90 milioni di euro nel 2020.

L’indagine testimonia inoltre le nuove e sempre più sofisticate modalità con cui gli imprenditori in affari con la mafia tentano di “proteggere” il proprio patrimonio.

Nel corso degli accertamenti è infatti emerso che l’impero imprenditoriale era stato devoluto a un trust. Grazie a questo strumento giuridico, le possidenze societarie e immobiliari dell’imprenditore sono state formalmente trasferite a un professionista (c.d. trustee), incaricato di gestirle come se ne fosse proprietario, assumendo cioè le principali decisioni relative alla vita dell’azienda e degli altri beni.

Tuttavia, dall’approfondimento della documentazione acquisita, dalle evidenze raccolte dai finanzieri nell’ambito di diversi procedimenti penali è emerso che il trust in questione era un mero espediente fittizio per schermare la titolarità delle proprietà.

In altri termini, il proposto aveva trasferito solo sulla carta tutti i poteri gestori sui beni al trustee, ma nella realtà non ne aveva mai perso il controllo e la disponibilità.

Solo negli ultimi 18 mesi all’esito di indagini penali o di prevenzione condotte dalle Fiamme Gialle palermitane sono stati confiscati beni per oltre 400 milioni di euro nei confronti di imprenditori “collusi” con Cosa Nostra.

Oltre al provvedimento ora eseguito nei confronti di Carmelo Lucchese, si ricordano, tra le altre, la confisca:

–              definitiva di prevenzione per un valore stimato di oltre 100 milioni di euro (aprile 2022) del patrimonio di un imprenditore leader in provincia di Palermo nel settore della grande distribuzione e dei prodotti per la casa e l’igiene;

–              di primo grado in sede penale disposta dal Tribunale di Palermo per circa 46 milioni di euro (febbraio 2022) nei confronti degli indagati dell’operazione “ALL IN”, che ha fatto emergere le modalità di infiltrazione mafiosa nel settore della gestione dei giochi e delle scommesse;

–              definitiva di prevenzione per 3,5 milioni di euro (maggio 2021) nei confronti di due imprenditori del settore del commercio, coinvolti in indagini per usura;

–              definitiva di prevenzione per oltre 100 milioni di euro (dicembre 2020) nei confronti di uno storico imprenditore del settore immobiliare.

NOTA

Continua l’azione che la Guardia di Finanza palermitana svolge, nell’ambito delle indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Palermo, a contrasto dei patrimoni di origine illecita con la duplice finalità di disarticolare in maniera radicale i sodalizi delinquenziali e di liberare l’economia legale dalle infiltrazioni della criminalità consentendo agli imprenditori onesti di operare in regime di leale concorrenza.

L’OPINIONE

“… scoraggiare la concorrenza anche …; acquisire imprese …; risolvere le problematiche insorte nella gestione delle … imprese, comprese quelle relative ai rapporti di lavoro con i dipendenti; dirimere controversie …, … dilazione dei pagamenti; evitare il pagamento … e, grazie alla mediazione …, contrattare la “messa a posto” con altre articolazioni …“. Ciò (tranne per chi non può o non vuole vedere) coincidenza vuole, è notoriamente da tempo quanto altrettanto mistificato, la metodologia “civile” e “legalizzata” di certa, sembrerebbe in crescendo: politica, istituzioni, burocrazia e in generale di molti settori e aspetti della cosiddetta società civile, dagli scranni più alti fino all’ultimo sgabello. Purtroppo, sembrerebbe che se c’è qualcosa in cui la mafia ha pressoché vinto è l’avere inoculato negli anni la “cultura” del “pizzo” e “assoggettamento” nel trasversale sistema pubblico-politico, vecchio e nuovo, di uomini, donne e altro.

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Adduso Sebastiano

(le altre informazioni regionali le trovi anche su Vivicentro – Redazione Sicilia)

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