È ormai passato un anno dalle richieste dei pazienti seduti al tavolo tecnico permanente sulla cannabis medica confermato dal Sottosegretario Costa presso il Ministero della Salute tramite decreto nel novembre 2021. Tuttavia nonostante ciò la produzione e distribuzione della cannabis terapeutica apparirebbe sempre più simmetricamente ardua.
Il 9 maggio 2022 è morto Walter De Benedetto, paziente che ha patito tutte le lungaggini di una legge applicata in modo discrezionale. Il giorno 8 maggio due pazienti, Andrea Trisciuoglio (da anni malato di sclerosi multipla che cura la propria patologia con farmaci cannabinoidi) con l’amico Davide Scrano (dell’associazione Deep Green) vengono accusati di possesso di canapa legale cbd (cannabidiolo, un composto chimico scoperto nella Cannabis sativa essiccata).
Pazienti che hanno messo il diritto alla cura dei malati al primo posto nella loro vita cercando un dialogo con le Istituzioni, muoiono e vengono ancora perseguitati senza che però nulla di concreto si sia mai realizzato. Istanze chiare ed esplicite, richieste realizzabili che avrebbero migliorato la qualità di vita di tutti noi malati non sono mai state ascoltate.
Dopo tante attese un’ennesima incomprensibilità è arrivata lo scorso aprile con l’avvio di “una manifestazione di interesse” da parte del Ministero della Difesa e direttamente parte in causa con lo SCFM di Firenze (Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare. Agenzia Industrie Difesa con affidamento del servizio di coltivazione di piante di cannabis).
Il Ministero della Difesa con l’ultimo bando del 4 aprile 2022 (ultimo aggiornamento: 12 maggio 2022 – scadenza 27 giungo) per la produzione di cannabis medica (uscito senza tenere conto dell’esistenza di un tavolo tecnico presso il Ministero della Salute sulla cannabis ad uso medico) avrebbe posto criteri restrittivi e poco allettanti per le aziende partecipanti e non aprendo ad autorizzazioni risolutive che da anni vengono chieste dai pazienti della cannabis medica. Autorizzazioni che, viene sostenuto dalle associazioni dei pazienti della cannabis medica, per legge, dovrebbero essere rilasciate invece dal Ministro della Salute e che avrebbero migliorato le vite di malati cronici.
Eppure da anni viene suggerito dalle associazioni dei pazienti della cannabis medica come colmare un “gap” ormai decennale, tra la domanda di cannabis medica in Italia, la produzione nazionale e le importazioni autorizzate dal Ministero della Salute.
Si rammenta quanto avanzato dalle associazioni di pazienti già dal primo incontro, per confrontarlo con una panoramica veritiera della situazione attuale:
– La garanzia della continuità terapeutica e l’accesso stesso alla terapia.
– L’ampliamento delle varietà disponibili e la valorizzazione delle diverse modalità di assunzione.
– L’ampliamento delle patologie rimborsabili a livello nazionale.
– L’avvio di una campagna di formazione nazionale per il personale medico sugli impieghi della cannabis terapeutica.
– Una nuova interpretazione della normativa e l’accettazione di nuove forme di produzione, distribuzione e consumo di cannabis medica, alla luce delle migliori pratiche internazionali.
– Una importazione d’urgenza della cannabis medica.
– Una sburocratizzazione dell’accesso alla produzione, distribuzione, vendita e consumo di cannabis medica.
– Una nuova e più ampia stima del mercato della cannabis medica in Italia, basata sul potenziale terapeutico della pianta e dei suoi possibili impieghi.
– La tutela dei pazienti attraverso una più attenta analisi dei lotti di cannabis distribuita.
– Siano formalmente riconosciute, tramite decreto, le associazioni dei malati, le figure degli “health center”, dei “care givers” per la cannabis medica e i centri di medicina specializzati, come enti autorizzati alla coltivazione collettiva per conto terzi e alla distribuzione e vendita per fini medici e di ricerca.
– Che il tavolo tecnico permanente di lavoro sulla cannabis medica sia il punto di riferimento con cui interloquire prima della approvazione di iniziative, circolari, decreti autorizzativi, da parte dell’attuale organismo statale per la cannabis medica”
– Aumento della quota di importazione delle infiorescenze di Cannabis Medica per 50 tonnellate per il 2022
– Sviluppare una filiera di controlli snelli della qualità dei farmaci prodotti e consumate, attraverso collaborazioni di sviluppo e ricerca con università, istituti di ricerca pubblici e privati, farmacie, laboratori di analisi.
A fronte di queste istanze: i tecnici del ministero della Difesa avrebbero elaborato, a distanza di quasi un anno dalle prime interlocuzioni preliminari, una manifestazione di interesse, limitante per la partecipazione alla coltivazione delle aziende italiane, anacronistica per le tecnologie che vengono richieste che appare non al passo con i tempi e non rispettosa nei criteri di sostenibilità ambientale e risparmio energetico.
Le caratteristiche a cui le aziende devono disporre entro il 27 giugno sembrerebbero prestabilite già per enti predefiniti, senza considerare le istanze dei malati di esprimersi prima dell’avvio di iniziative tecniche. Soprattutto, non sembra porteranno a una effettiva fornitura di cannabis medica almeno per altri due anni.
Sui 13 punti sopra esposti: le risposte date dai tecnici del Ministero della Difesa non risulterebbero soddisfacenti, sicché le richieste dei malati di conseguenza non sarebbero state accolte.
L’unico aspetto positivo in questa annosa vicissitudine per i pazienti della cannabis medica, è la volontà politica manifestatasi nella formalizzazione del tavolo tecnico permanente presso il Ministero della Salute e il coinvolgimento ufficiale dei malati.
I motivi che hanno portato alla costituzione di questo tavolo partono dalle istanze dei malati per essere considerati nelle nuove politiche sulla cannabis medica, dopo essere stati ignorati e discriminati per oltre un decennio. Tuttavia questa richiesta è stata, ancora una volta, sprezzantemente disattesa dallo “Stato”.
Nell’ultimo incontro presso il Ministero della Salute a febbraio 2022, alcuni malati (solo con le loro forze) hanno dimostrato le evidenze di dieci anni di inconcludenze attraverso le risposte raccolte da un sondaggio. Di fatto con meno di 300 intervistati (tra i pazienti di tutte le regioni) si è raggiunto un fabbisogno pari al 10% della domanda nazionale di cannabis stimata dal Ministero. In pratica, siamo ormai certi che con l’attuale politica sulla cannabis medica si coprono le esigenze per soli 3000 pazienti italiani. I pazienti sono oltre 50 mila e potenzialmente ce ne sarebbero molti di più (visto che la cannabis medicinale potrebbe sostituire tantissimi farmaci ad uso comune).
Le evidenze dei Pazienti e i risultati più eclatanti del sondaggio potrebbero essere riassunti in 3 grandi carenze nella produzione e gestione della cannabis terapeutica, le quali avrebbero procurato anche pesanti nocumenti ai pazienti:
– Il 74% dei pazienti, lamenta difficoltà a reperire la terapia
– Il 71% dei pazienti lamentano l’interruzione della terapia a causa della carenza dei medicinali
– Il 56% dei pazienti ha provato, sulla propria pelle, una discontinuità terapeutica adeguata, che va da 1 a 3 mesi e il 22% per un periodo superiore ai 3 mesi
– Il risultato di tali problematiche emerse dal sondaggio comporta pure che almeno un 10% dei malati, a causa dell’assenza di farmaco, per mitigare le proprie sofferenze è costretta a doversi rifornirsi al mercato illegale. Insomma paradossalmente, lo “Stato”, con le proprie inadempienze verso i pazienti della cannabis medica, implicitamente foraggia lo spaccio e quindi la criminalità.
L’attuale normativa tra l’altro prevede un alto livello di burocrazia per curarsi, oltre a problematiche per produzione e distribuzione della cannabis medica, denunciate e fortemente criticate dai pazienti.
Nonostante una richiesta di urgenza nella sburocratizzazione, ormai conclamata da tempo, i pazienti possono solo notificare che negli ultimi anni la loro possibilità di curarsi con la cannabis medica è solo peggiorata.
Oltre a bloccare le farmacie con due circolari per le spedizioni e la preparazione di alcuni prodotti galenici realizzati con la cannabis medicinale (colliri resine edibles) la disponibilità è sempre più altalenante, la qualità del farmaco molto scadente e la continuità terapeutica del paziente mai garantita.
Inoltre negli ultimi dieci anni sarebbe stato utilizzato un metodo inquisitorio per discriminare e aggravare situazioni di fragilità. La morte di Walter de Benedetto e l’avere posto ai domiciliari Andrea Triuscuoglio (di cui sopra) sono solo le ultime inconcepibili evidenze in una Nazione repubblicana, democratica, civile e occidentale.
La manifestazione di interesse del Ministero della Difesa avrebbe costituito un passo avanti se non fosse stata inficiata dal metodo, il quel non soddisfa le reali richieste dei pazienti. Va infatti sottolineato come le istanze avanzate dai pazienti sono difatti al momento disattese, mentre appare invece presente un rimando rispetto ai tempi di lavoro del tavolo tecnico delineati a dicembre presso il Ministero della Salute, come ad esempio la frequenza mensile dei colloqui e la maggiore celerità nelle risposte alle richieste avanzate, ormai da oltre un decennio, dai pazienti.
Sul fronte della disponibilità del farmaco la situazione appare ancora più triste: le importazioni sono ferme, la cannabis continua ad essere un miraggio nelle farmacie e i tempi previsti dall’ultimo bando di 100kg, che prevedevano primi lotti in distribuzione già a maggio, vedono le prime disponibilità effettive in farmacia a non prima di luglio per problemi legati allo stabilimento SCFM di Firenze (di cui sopra).
La richiesta di una maggiore centralità delle associazioni è urgente.
Le associazioni visto il lavoro già svolto, devono essere riconosciute come vere strutture per assistenza e informazione medica, con lo scopo di avviare progetti di coltivazioni sperimentali e distribuzione del farmaco, patrocinate dalle Regioni o enti locali.
La stessa “manifestazione di interesse” del Ministero della Difesa è stata lanciata senza il coinvolgimento delle associazioni per una loro presa visione e consultazione. Dopo quasi un anno di dialogo, le associazioni si vedono quindi escluse da qualsiasi progetto, contrariamente quanto richiesto fin da subito. La maggior parte degli esponenti di queste associazioni, oltre a essere stata indagata, ancora si vede protagonista di procedimenti legali irrisolti con conseguenti spese processuali, nonché carico di stress, per dimostrare sempre la propria innocenza.
Siamo arrivati al punto – dicono le associazioni dei pazienti della cannabis medica – nel quale se il Ministero della Salute vuole effettivamente avvalersi dell’aiuto delle associazioni, dovrebbe immediatamente rilasciare una autorizzazione d’emergenza alla coltivazione e distribuzione per le associazioni. Altrimenti le associazioni prendendo atto che tutte le richieste sono state non accolte, sentendosi anche usate e dovranno procedere per vie alternative.
Nel frattempo presso il tavolo tecnico al Ministero della Salute è stato convocato un nuovo incontro per il giorno 25.05.2022 alle ore 14.30. Le associazioni dei pazienti della cannabis terapeutica hanno sottoscritto un documento che verrà presentato al citato incontro.
Sulla generale questione interviene Angela Foti, Vicepresidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, la quale sulla propria pagina Facebook scrive “… uno Stato che si rispetti deve garantire ai pazienti la terapia del dolore con tutti i mezzi disponibili. La proposta di legge che autorizza la coltivazione a domicilio per i malati è un pannicello caldo, una misura che fa anche comodo ad approfittatori che poco hanno a che vedere con il diritto del malato. Non basta l’autorizzazione ad autocoltivare, lo Stato deve provvedere e aumentare la produzione di cannabis terapeutica, deve farsi carico della produzione di un farmaco clinicamente perfetto per i malati. Il fai da te non è l’unica soluzione”.
La Regione Sicilia nel mese di aprile ha avviato una consultazione preliminare di mercato (ai sensi dell’articolo 66 del d.lgs n.50/2016) per ľ avvio di un progetto innovativo per la fornitura di cannabis terapeutica nella forma del partenariato con le società presenti sul territorio nazionale.
L’OPINIONE
Il medesimo Stato con 2 modalità di approccio da parte di due Ministeri:
il Ministero della Difesa che incomprensibilmente agisce senza la dovuta e doverosa sensibilità verso le istanze dei pazienti della Cannabis medica;
il Ministero della Salute a cui va recentemente riconosciuta una forma di attenzione civile e sociale verso i predetti pazienti attraverso un tavolo tecnico comune che consenta l’equilibrata democraticità, indifferibile in una Nazione che non sia un regime.
(le altre informazioni regionali le trovi anche su Vivicentro – Redazione Sicilia)